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Sintesi del Libro
di Myriam Caroleo
Grimaldi
è
il rovesciamento del giudizio universale: Dio ed il
Diavolo siedono al banco degli imputati, dinnanzi ad
un tribunale di anime superstiti, che si trovano a
dover giudicare l'operato del Creatore e di
Lucifero, in un panorama del tutto apocalittico,
dove, oramai, la terra ed i suoi paesaggi non
rappresentano altro che un lontano ricordo.
A comparire, però, sarà il solo Lucifero, che si
troverà a dover raccontare dal suo punto di vista,
tutto ciò che è stato dalla creazione di se stesso a
quella degli uomini, alla nascita terra e della sua
forma, fino al susseguirsi degli eventi che
avrebbero condotto l'umanità all'apocalisse.
È la rivisitazione del personaggio di Lucifero, che
vuole emergere per quello che, nella realtà di una
interpretazione logica ed anche fedele delle sacre
scritture (Lucifero è il più bello degli angeli, il
male, poi, viene descritto come una mancanza di
bene, dovuta al fatto che l'uomo è nato da nulla, ed
è questa sua porzione che lo induce al peccato),
Lucifero rappresenta.
Lucifero diventa il custode degli uomini subito dopo
l'esilio di Adamo e di Eva, che Dio aveva voluto
perdonare. Il castigo divino, infatti, avverrà solo
successivamente, allorché Lucifero tenterà di
convincere gli uomini, che egli stesso aveva
contribuito a creare, a sfidare Dio ed i suoi
angeli, per recriminare la propria libertà di agire:
sarà questo a provocare la sua condanna ad essere
dimenticato e definitivamente cancellato dalla
memoria terrestre. Lucifero verrà fatto precipitare
fino al centro della terra, che si sarebbe
arrotolata attorno al suo corpo, come un foglio di
carta con su scritto qualcosa di sbagliato. Fino a
quando il Diavolo, per la sua forza di volontà, non
ne sarebbe riuscito a riemergere.
I personaggi che si susseguono, Teofilo, il vescovo
detto L'Altro, il Cardinale, La madre, Carlo, sono
parte di una umanità sconfitta, inquieta, alla resa
dei conti con le proprie coscienze. Credere in Dio è
farlo negli uomini, che ne rappresentano l'immagine
visibile, tangibile, materiale. Smettere di credere,
cosa semplice in un mondo di sovrastrutture e di
indifferenza, è l'inizio dello sgretolarsi della
dignità umana dell'imago dei, come essere
superiore, posto a metà strada, tra il genere divino
e gli animali.
Eppure, nelle profondità abissali dei destini di
ognuno di loro, si nascondono retaggi intimi che
servono a comprenderne non solo le fragilità, ma
sopratutto la possibilità, incondizionatamente
umana, di amare: Teofilo per Milesia metterà in
discussione tutta la sua vita; L'Altro cercherà
conforto in un dialogo rubato con una suora mai
vista, e nelle sue parole troverà la forza per
affrontare Lucifero; il Cardinale avrà amato il suo
Carlo come l'unica cosa importante di una vita
fasulla, ipocrita, in cui nessuno sa qual è il tuo
nome nativo, ma solo di un ruolo che di divino non
ha niente.
Sant'Agostino diceva che l'incontro con Dio avviene
alla fine di un cammino tortuoso, che procede fino
all'incontro del sé: solo incontrando se stessi si
incontra Dio, che è la prova della nostra stessa
esistenza.
Per questo, nel dubbio, quando l'uomo perde
l'orientamento, si concretizza il primo momento
dell'Apocalisse: Dio esiste perché lo si crede
esistente, ma se Dio, di cui noi rappresentiamo
l'immagine, cessa di farlo, di esistere, allora
anche noi cominceremo inevitabilmente e senza scampo
a perdere coscienza di ciò che siamo, fino a
trovarci inutilmente sulla terra: senza uno scopo
l'uomo sparisce.
I personaggi indicano il cammino verso la presa di
coscienza, che non può prescindere dal dubbio,
perché, il dubbio fa parte integrante dell'essere
uomo.
L'Uomo non è nato solo per se stesso, non avrebbe -
se così non fosse - la parola. Nel confronto tra i
personaggi che si susseguono, si delinea la
personalità di ognuno di loro ed il loro destino
ultraterreno che si intreccia e si inserisce nel
nucleo di vicende personali.
La fine è un nuovo inizio, un nuovo mondo, che oggi
stiamo vivendo, come discendenti di Teofilo e di
Milesia, eredi di Adamo e di Eva in senso profondo,
i secondi a mangiare il frutto della conoscenza che
porta con sé il dubbio, ricchi di un gene che
partecipa di Dio come anche di Lucifero, senza il
quale l'uomo avrebbe avuto tutto in modo assoluto,
senza, però, poter conoscere davvero né se stesso e
neanche lo avrebbe fatto della propria condizione:
la mancanza di qualcosa porta speranza, porta
sopratutto a riconoscere ciò che non si ha, ad
apprezzarlo, ad averne, semplicemente,
consapevolezza.
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La lettera di
presentazione
di Alberto Bevilacqua
Sono approdato
alla scrittura muovendo dallo studio
dell’Astrofisica. Mi incantava osservare per
lungo tempo le stelle, gioielli antichi che
sfidavano con la luce il buio della notte.
Entrava in campo un’ombra che era la materia
oscura. Mi soffermavo a guardare le ombre sulla
terra, e pensavo che alla fine la proiezione di
noi stessi e dei nostri corpi altro non era che
il risultato del conflitto eterno tra la luce e
il buio.
Era dunque la vita stessa l’esito di una
battaglia eterna che contrapponeva i due poli
assoluti, la luce e il buio, così come il male e
il bene.
E’ dal buio che il Dio della genesi estrae la
luce, e pertanto potrebbe non essere
intellettualmente eretico immaginare che sia il
male a costituire l’origine del bene. E allora
con la ribellione stenta a conoscere
un’appartenenza: è il male che si ribella al
bene, o è la luce che si ribella all’oscurità?
Questo libro mi ha colpito per una felice e
acuta intuizione che ha mosso l’autrice alla
ricerca di una effettiva primogenitura del male
e del buio, rispetto al buio e alla luce,
declamando quasi una religiosità pagana.
I richiami filosofici e letterari che si
susseguono e incalzano la lettura accompagnano
il disegno di Lucifero.
Questi appare come un dittatore, nelle sue
prolusioni intimatorie, che mascherano una
profonda fragilità.
Si ripropongono, attraverso i personaggi che
affollano la biografia di Lucifero, ma meglio
sarebbe dire la sua esistenza eterna, i tempi
irrisolti del libero arbitrio e della difficoltà
di riuscire a cogliere nelle azioni degli esseri
umani quanto sia davvero il risultato di una
scelta, e quanto invece costituisca la trama di
un romanzo già scritto, che altro non ci riserva
se non una drammatica obbedienza ad un destino,
che si impossessa di noi e che ci guida come
solo un tiranno può guidare.
E’ pertanto significativo che la biografia del
malvagio per eccellenza trovi una sintesi nella
parola “apologia”.
Questa giovane
scrittrice si è cimentata su temi difficili,
audaci, inevitabilmente mutilati della
possibilità di una risposta, che costituisca la
nota conclusiva di un percorso intellettuale.
Di certo si coglie nella lettura la passione
filosofica. Non esiste l’essenza del male, così
come non esiste una verità ontica e assoluta del
bene.
Tutto questo l’autrice lo ha affrontato,
calandosi nelle vesti di vari interlocutori, e
se ne è impossessata, dando ad ognuno di loro
una parte di sé stessa.
Si nota un intrigo di stati d’animo in un
conflitto a volte feroce, a volte complice,
comunque drammaticamente vitale.
Auguro a questa giovane scrittrice, che del
tormento interiore ne ha fatto una ragione
artistica, di poter raggiungere la vetta
impervia, cui il viandante, timoroso ma giusto,
da sempre aspira: la poesia.
Alberto
Bevilacqua
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