Cosa, Come, Dove, Quando nel Verde della Toscana


VERNACCIA DI SAN GIMIGNANO

Il colore giallo è sicuramente il colore fortunato di San Gimignano, lo splendido paese fra Firenze e Siena, conosciuto in tutto il pianeta come la magica città dalle cento Torri.

I precisi naturalmente troveranno da ridire su questa definizione poichè di torri, anche se magnifiche, ne rimangono soltanto una quindicina, e anche all'epoca del massimo splendore, nel Trecento, raggiunsero la cifra di settantadue, in verità un po' lontanine dal centinaio, ma che importanza ha? Le torri ci sono, belle lo sono al di là di ogni dubbio, quindi una più una meno cosa volete che cambi, San Gimignano era e per noi può restare la città dalle cento torri, quella che è stata azzeccatamente definita con una simpatica iperbole la "Manhattan dell' anno 1000" con ovvio riferimento ai grattacieli newyorchesi.

Ma torniamo al colore giallo, fra l'altro celebrato anche nello stemma comunale che rappresenta un leone dorato (giallo?) in campo rosso e giallo, che fece nei secoli la fortuna di questa cittadina poichè di questo colore sono i prodotti che ne fecero la fama: lo zafferano, la profumata spezia indispensabile per certi piatti ma utilizzato anche in tintoria e considerato così prezioso da essere usato pure come moneta; la lana, un giallo un po' biancastro ma sempre giallo è, e infine ma sopratutto il magico divino nettare, la bionda dorata Vernaccia di San Gimignano, uno dei vini più portentosi di tutto l'universo, apprezzato da ricchi e poveri, da umili e boriosi da tempo immemorabile, quasi da sempre. Per completezza d'informazione precisiamo che l'economia del borgo non si fermava solamente a questi prodotti ma si estendeva alla coltivazione dei cereali, al gelso che serviva per la seta; al cuoio la cui lavorazione creava problemi d'inquinamento anche a quell'epoca; alla produzione di lavori in ferro e in vetro, ecc. ecc.

Ma torniamo alla Vernaccia che non a caso diventa il primo vino a DOC (Denominazione d'Origine Controllata) italiano, la grande gloria toscana nel campo dei bianchi.

E in realtà di questo vogliamo parlare! Cominciando come è naturale con un pizzico di storia, tanto per capire l'importanza di questo delizioso vino. Il vitigno della Vernaccia pare che sia stato introdotto nella zona del comune intorno all'anno 1200 da un certo Vieri de' Bardi, proveniente dalla Liguria. Ma su ciò le opinioni sono discordi poichè altri sostengono che tal Perone Peroni, proveniente dalla Grecia, avrebbe piantato per la prima volta il vitigno e solo molti anni dopo nel 1280. I sostenitori di questa tesi si trovano però in posizione minoritaria in quanto sembra certo che già nel 1276 il commercio della Vernaccia prosperava poichè in certi documenti di quell'epoca, per la precisione gli "Ordinamenti della Gabella del Comune di San Gimignano" si parla dell'imposizione di una tassa di "tre soldi per ogni soma di Vernaccia fuori Comune" e dell'istituzione di un registro dei Provveditori o Pesatori di Vernaccia. Pare anche accertato che furono Zanobi e Angiolo de Bardi gli eredi di Vieri a sviluppare la coltivazione del prezioso vitigno.

Le imprecisioni sulle origini della Vernaccia nascono dalle confusioni con la omonima Vernaccia ligure e con il Vino Greco che allo stesso tempo si producevano nel territorio comunale.

Ad ogni modo la Vernaccia diviene rapidamente famosa ed apprezzata sulle tavole dei nobili e dei ricchi di Toscana e del resto d'Italia. Persino Dante Alighieri la cita nella Divina Commedia trattando dei golosi nel canto XXIV del Purgatorio e precisamente del papa francese e amante della buona tavola Martino IV: "...dal Torso fù, e purga per digiuno l'anguille di Bolsena e la Vernaccia...".

La fama di questo vino raggiunse presto anche le ricche tavole vaticane a dar credito a Sante Lancerio, bottigliere di Sua Santità Paolo III  che in un diario pubblicato come "Della natura dei vini e dei Viaggi di Paolo III" (1541) si lamenta che "in San Gimignano si coltivassero troppo l'arte e la scienza e poco la Vernaccia che è una perfetta bevanda Signori ed è gran peccato che questo luogo non ne faccia assai.....".

Nel 1468 il Comune di San Gimignano offre come dono di nozze 40 fiaschi del biondo nettare agli sposi Medici-Rucellai. Da ricordare inoltre che quel buongustaio di Lorenzo il Magnifico sollecitava in continuazione le autorità sangimignanesi a fargliene dono con la scusa che "...era bevanda graditissima alla sua madre Lucrezia Tornabuoni e utile e corroborante rimedio alla salute del giovane figlio Piero"; come attesta l'Archivio Storico provvidero ad inviare al Signore continue ed abbondanti partite e nel 1477 nominarono due Ufficiali Assaggiatori perchè scegliessero "...del migliore et ben condizionato".

Nella casa dei Medici il futuro Papa Leone X apprezzò tanto la Vernaccia che quando accedette al soglio di San Pietro volle averne sempre una scorta con se.

Esistono documenti che attestano come per tutto il XIII secolo la Vernaccia fosse esportata per mare arrivando a Messina e persino nel porto di Tunisi.

Nel 1487 Ludovico il Moro chiese ed ottenne duecento fiaschi per il banchetto di nozze del nipote Gian Galeazzo con Isabella figlia di Alfonso II re di Napoli. La Vernaccia in quella occasione fece un tal furore che il Moro richiese al Comune 500 magliuoli di quelle viti da trapiantare in Lombardia, la stessa cosa fece il duca Guidoubaldo d'Urbino che desiderava avere quel vino anche nel suo Stato. Purtroppo le loro speranze rimasero vane poichè i vitigni pur attecchendo non diedero gli stessi risultati in quanto le qualità del vino derivano per buona parte anche dal terreno e dall'ambiente in cui si produce.

Sarà che il vino suscita sempre pensieri gentili e allegri fatto è che la Vernaccia ha gioiosamente spesso ispirato letterati e poeti come Folgore da S. Gimignano che nel XIV sec. scrive "... coppe, nappe, bacil d'oro e d'argento, vin greco di rivera e di vernaccia..." oppure le buone rime di Gabriello Chiabrera "....Di vin qual ambra puro voglio che ella trabocchi, che dolce, che maturo tosto che 'l versin ti s'avventa agli occhi. I grappoli suoi furo della vemdemmia egregia onde in Toscana Gimignan si pregia..."; Nel 1643 Michelangelo Buonarroti jr. ne "L'Aione" probabilmente ricordando una lieta esperienza scrive i versi "....E alla nobil terra alta e turrita del bel Samgimignan facemmo gita. Lunghe e larghe le starde ha quella terra, sta sovra un colle che più colli abbraccia e ha più torri altissime da terra, e un campanil, ch'è forse cento braccia. Ma i terrazzani altrui sempre fan guerra con una traditora lor vernaccia che danno a bere a chiunque vi giunge che bacia, lecca, morde e picca e punge....". E non potevano certo mancare le lodi del cantore dei vini di Toscana, il celebre Francesco Redi (1626-1697) che nel suo "Bacco in Toscana" canta i pregi della Vernaccia augurando salaci castighi a chi non l'apprezza: "....Se v'è alcun a cui non piaccia la vernaccia, vendemmiata in Pietrafitta; interdetto, maledetto, fugga via dal mio cospetto, e per pena sempre ingozzi vin di Brozzi, di Quaracchi e di peretola e per onta e per ischerno in eterno coronato sia di bietola e sul destier del vecchio sileno cavalcando a ritroso e a bisdosso, da un insolente satiretto osceno con infame flagel venga percosso....". Anche altri scrittori, più sobriamente, danno buoni giudizi su questo vino: Vincenzo Coppi negli "Annali di San Gimignano" (1695) lo definisce "...vino bianco delicatissimo che fa nel territorio sangimignanese, ed è dei migliori, e più grati vini, che si facciano in Italia...."; il Targioni nei "Viaggi" (17770) parla della Vernaccia come un vino che "riesce gentile al palato, gustato pare vino leggerissimo ma allo stomaco mette gran fuoco..."; altri giudizi lusinghieri li danno Leonardo Alberti in "Descrizione di tutta Italia" (1596) e Ignazio Malenotti nel "Manuale del Vignaiolo Toscano" del XVIII secolo.

La Vernaccia ebbe sempre successo nei secoli dopo fino all'Ottocento, secolo in cui curiosamente attraversa un lungo periodo di generalizzato disinteresse e la produzione diventa cosa irrisoria, praticamente solo piccole quantità per gli stessi produttori.

In epoche più recenti alcuni appassionati coltivatori riprendono rigorose selezioni del vitigno riportando alla gloria quel gran vino che era stato apprezzato per secoli da sovrani, papi, aristocratici, ecc.

Con il D.P.R. 3 marzo 1966 ha l'onore di diventare il primo vino italiano a Denominazione di Origine Controllata. Il disciplinare relativo ne stabilisce le caratteristiche, le quantità, precisando che le uve utilizzate debbono essere al cento per cento provenienti da vitigni "Vernaccia di San Gimignano", possono eccezionalmente concorrere alti vitigni sempre a bacca bianca ma solo per il 10%, e che il territorio di produzione è esclusivamente circoscritto al Comune di San Gimignano nei territori collinari e di buona esposizione. L'altitudine media delle vigne si aggira sui 280 metri s.l.m. ed i terreni sono di origine pliocenica, formati da argille sabbiose, tufo bianco e sabbie gialle. Il periodo della vendemmia va generalmente dal 15 settembre al 15 ottobre. La vinificazione è in "bianco" secondo lo stile tradizionale, con accurate decantazioni statiche prefermentative a mezzo refrigerazione. La fermentazione a temperatura controllata, ha una durata media di 12-18 giorni in vasche di acciaio o cemento. Precisiamo che mentre la vinificazione deve necessariamente svolgersi nel territorio comunale, l'imbottigliamento può farsi anche altrove.

Il 3 luglio 1972 nasce il Consorzio della Vernaccia di San Gimignano che raccoglie la gran parte dei produttori e degli imbottigliatori  e si prefigge la tutela, la valorizzazione e la diffusione della conoscenza di questo nobile vino.

Questo 1993 è anno di grande festa per la Vernaccia di San Gimignano poichè con il Decreto 9 luglio 1993 n. 169, firmato dal Ministro dell'Agricoltura On. Diana, raggiunge l'empireo dei grandi vini (alla pari del Chianti, del Brunello di Montalcino, del Nobile di Montepulciano, del Barolo e di pochi altri) guadagnandosi la D.O.C.G. ovverosia la Denominazione di Origine Controllata e Garantita, reale appannaggio di poche meraviglie della produzione vinicola.

Il disciplinare di produzione prevede naturalmente tutte le caratteristiche della Vernaccia: il colore deve essere giallo paglierino tenue con leggerissimi riflessi verdognoli tendenti al dorato con l'invecchiamento (in realtà sono le mode e le nuove tecnologie di affinamento che vogliono questo colore poichè in realtà la Vernaccia di un tempo era di un dorato ben carico); l'odore fine e penetrante caratteristico; il sapore asciutto, armonico leggermente mandorlato con caratteristico retrogusto amarognolo; la gradazione alcolica complessiva minima 11 gradi. L'acidità minima del 5,6 per mille. E' prevista inoltre la dizione "Riserva" che può raggiungere la grad. alcolica di 11,50°, previa opportuna selezione vendemmiale, generalmente effettuata solltanto nelle migliori annate prediligendo le uve ricche di grado zuccherino, e un invecchiamento di 14 mesi con i metodi tradizionali (i produttori più esigenti utilizzano in questa fase le piccole botti dette "barriques" di pregiato legno di rovere) oltre ad un affinamento in bottiglia di altri quattro o sei mesi. Il tipo "Riserva" si presta anche a lunghi invecchiamenti e ricordiamo che la Vernaccia è l'unico tra i vini bianchi a DOC italiani a potersi fregiare della dizione "Riserva". La Vernaccia esisterebbe anche nella versione "Liquorosa" ma in verità questo tipo è pressochè scomparso mentre vanno consolidandosi ed espandendosi gli esperimenti nel tipo "Spumante" sia con il metodo Charmat (in autoclave) o con il più tradizionale "metodo Champenois" dove il vino riposa per anni arricchendosi nelle "pupitres" (i cavalletti regolabili in cui le bottiglie vengono tenute a testa in giù e scosse regolarmente). Vi è anche qualche produttore che si diletta ad inviare le vinacce della Vernaccia alla distillazione ottenendone delle sempre più apprezzate acqueviti.

La Vernaccia è ottima come vino d'accompagnamento a tutti i piatti a base di pesce (specie se al cartoccio e meglio ancora se fritti), crostacei e frutti di mare ma può accompagnare benissimo anche piatti di carni bianche (in particolare con il coniglio, specie se cucinato arrosto o alla cacciatora). Un sapiente utilizzo è anche come aperitivo. Una vera astuzia è utilizzarla con il vitello tonnato. Ma non finisce certo qua l'accoppiamento con i piatti poichè bisogna riconoscere che nella cucina contadina di un tempo trovare un pesce in tavola era una cosa rara e questo vino si accoppiava più frequentemente ma sempre in maniera sapiente ai salumi (in particolare con la finocchiona e con il prosciutto salato stagionato per due anni) e alle salsicce. In tutti i casi la sua temperatura di servizio è fresca sui 10-12°, per la versione "Riserva" consigliamo di non servirla troppo fredda poichè potrebbero sciuparsi gli aromi.


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