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Il Ponte Vecchio

Ponte Vecchio. Lo stesso nome lo indica come il più antico e difatti fu il primo ponte della Firenze romana, che originariamente doveva trovarsi un poco più a monte, all'altezza del Vicolo Marzio, evoluzione di una semplice passerella di legno, che univa il castro con l'Oltrarno nel punto più stretto dell'alveo.

Ulteriormente sviluppato quando Adriano restaurò la via Cassia, ne abbbiamo una prima notizia nel 972, dov'è indicato solo come "...ponte de fluvio Arno.", venne distrutto da una piena nel 1177, e ricostruito nel luogo odierno. Ancora unico ponte di Firenze, quando l'Oltrarno venne inglobato nelle mura cittadine, il nuovo quartiere ebbe per stemma proprio il ponte. Ricostruito con 5 arcate, circondato da torri, coronato da merli, con botteghe sporgenti sull'Arno, aveva perfino una magistratura: l'Opus Pontis.

Nel dugento vennero costruiti altri tre ponti: due che continuassero le mura da sponda a sponda, ovvero il Ponte di Rubaconti (1227, poi alle Grazie), e il Ponte Nuovo (1220, oggi alla Carraia), che fece così indicare il primo come Ponte Vecchio; infine il ponte S. Trinità (1252).

Il diluvio del 1333, ancora ricordato da una lapide posta sul Ponte Vecchio, fu una vera e propria catastrofe. Le acque dell'Arno sommersero tutta la piana di Ripoli e quella di San Salvi, ruppero le mura a Santa Croce, rovinando tutti i ponti fiorentini; spazzando via l'ultimo legame con la Firenze romana: i resti della statua di Marte scomparvero nei gorghi. Marte il patrono di Florentiae "...che nel Batista/ mutò il primo padrone;...", [Inferno XIII vv. 143-144].

Nero presagio per i fiorentini; poiché gli antichi avevano lasciato scritto come riporta il Villani "...che quando la statua di Marte cadesse o fosse mossa, la città di Firenze avrebbe gran pericolo o mutazione.".

Il Ponte Vecchio che vediamo ancora oggi è quello ricostruito nel 1345, con tre arcate per dare più corso all'Arno; con case e botteghe in muratura e l'epigrafe ancora ricorda: "Nel trentatré, dopo il milletrecento/ il Ponte cadde per diluvio d'acque;/ poi dodici anni, come al Comune piacque,/ rifatto fu con questo adornamento.".

Nel 1565 Cosimo de' Medici, per consentire il passaggio da Palazzo Vecchio a Palazzo Pitti senza andare per strada, commissionò al Vasari, un corridore dagli Uffizi, presso l'Arno su di un loggiato sopra le botteghe del Ponte Vecchio, attraverso case, esclusa la Casatorre de' Mannelli, che si opposero, e lì il corridoio passa attorno, fino all'Arco de' Bardi, arrivando dopo Santa Felicita e lungo via Guicciardini a Pitti.

E qui nasce la leggenda: lo sfratto dei beccai, che nel 1442 erano gli unici bottegai sul ponte.

Ancora oggi si ricorda che furono gli stessi Medici a sostituirli con gli orafi per lo sgradevole odore che appestava l'aria.

Le Cronache danno più versioni. Cosimo I voleva gli orefici sia per abbellire il ponte, sia perché erano più puliti. Altri ricordano che furono i Capitani di Parte nel 1593 a sfrattare i macellai.

Niccolai nelle Bricciche fiorentine, forse il più attendibile riporta che "...il celebre ponte era un vero mercato...", in quanto "...con un censimento del tempo Cosimo I contò 3 beccai, 3 pizzicagnoli, 5 calzolai, 2 legnaiuoli, 1 bicchieraio, 2 biadaioli, 1 merciaio, 1 verduglio, e altri 10 diversi commercianti. C' era anche un' osteria all'insegna del drago e numerosi banchi di erbaioli sotto il loggiato centrale...". Poi il Comune diede le botteghe "...per un secolo e mezzo all'Arte dei beccai, cioé ai macellai". Ma il Granduca Ferdinando I sfrattò i beccai e ordinò il 27 settembre 1594 che "... le 48 botteghe fossero affittate solo agli orafi.".

La storia del Ponte Vecchio non si esaurisce qui. Nell'orrendo ritiro delle truppe tedesche durante la fine della Seconda Guerra Mondiale, vennero minati tutti i ponti di Firenze, escluso il Ponte Vecchio, attorno al quale fu fatta terra bruciata dei più antichi quartieri fiorentini, con le cui macerie venne ostruito lo stesso ponte.

L'ultima paura per la sua incolumità risale al 1966, quando la piena lo stava per travolgere come nel 1333.

Ma il Ponte Vecchio resistette, caparbio, sfrontato, fiero e solo, come lo furono i fiorentini nella tremenda alluvione. Ed è lì ad immagine della semplice volontà dell'uomo di guadare i fiumi per andare sempre verso e oltre l'orizzonte.


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