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Priamo Bocchi
Non sono al momento raggiungibile
Romanzo
ISBN 978-88-86428-67-5
Formato 13 x 20
Pagine: 100
Prezzo: Euro 12,00
Una settimana tormentata di riflessioni,
ricordi
e fughe più o meno riuscite (a telefonino
spento). Ironico e malinconico, sofferto e divertente,
sentimentale e cinico,
"Non sono al momento raggiungibile"
esprime non solo lo smarrimento di un uomo,
ma, forse, quello di un’intera generazione.
Giangi è un "bambino" di 40 anni,
improvvisamente solo, alle prese con un matrimonio finito
con la donna che ama ancora (Chiara), un lavoro che non lo
soddisfa, una umanità (quella tipica della provincia
opulenta, ostentatrice e nichilista) che non sa se amare o
disprezzare ed una figlia, Flaminia, che invece adora.
Un lunedì invernale, una portentosa erezione mattutina è
il preambolo ad una settimana tormentata di riflessioni,
ricordi e fughe più o meno riuscite (a telefonino spento).
Ironico e malinconico, sofferto e divertente, sentimentale e
cinico, "Non sono al momento raggiungibile" esprime non solo
lo smarrimento di un uomo, ma, forse, quello di un’intera
generazione.
In
copertina "Rosso", olio su tavola, 30x40,
di
Gerardo Lunatici
Priamo Bocchi, classe 1970, nasce e vive a Parma. Alto
192 cm per 80 kg di peso (e per 46 di piede), marito, padre
(di due fantastiche bambine e di due cocker spaniel), zio,
difensore centrale (calcio) e centrale e basta (pallavolo).
Laureato in economia e commercio e mediatore di formaggi;
non presta servizio in alcuna attività di volontariato ed è
stato candidato alla Camera dei Deputati nelle elezioni
politiche del 2008. Dopo aver pubblicato l’opera giovanile
"Mi sono scritto addosso" ed essersi dilettato a scrivere
poesie, ci riprova con questa apparentemente più matura "Non
sono al momento raggiungibile".
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Finalmente sollevato dallo scampato pericolo, pago
il caffè e due confezioni dei cioccolatini preferiti
da Flaminia. Stasera devo telefonare a Chiara.
Domani voglio assolutamente andarla a prendere io
all’uscita da scuola ed accompagnarla al corso di
tennis. Salgo in macchina e controllo il telefono.
Tre chiamate senza risposta: lo sapevo. Sempre
così. Lo lasci in macchina cinque minuti… Metto in
moto, mi accendo una sigaretta e faccio il gesto più
liberatorio, folle e rivoluzionario del mondo:
spengo il cellulare. Sono sulla trafficata via
Emilia a bordo di una vecchia Passat familiare, ma
mi sento come se fossi a cavallo di una grintosa
custom Harley Davidson su di una strada deserta, da
film americano. Col vento nei capelli, a spettinarmi
anche i pensieri.
Oggi ho un matrimonio finito (a schifo) alle spalle,
un lavoro che tollero solo come male necessario e
come compromesso con la vita. So fare molte cose né
bene né male e, con mio sommo rammarico, non so
suonare alcuno strumento musicale (se si esclude
qualche maldestra ed impudica “soffiata” dentro ad
un’armonica a bocca ammaccata). Ultimamente fatico
ad alzare il peso del mio corpo dal materasso, la
mattina. Vorrei starmene in mutande a riguardarmi
all’infinito i rigori di Italia – Francia e
Cannavaro che alza la Coppa. Certi giorni, invece,
come questo anonimo lunedì di un gelido, buio e
solitario inverno ho il desiderio di scappare.
Lasciare la maschera ed il travestimento sul mio
letto sfatto ed andarmene da qualche parte, io,
solo, e la mia portentosa erezione. Ma non lo potrei
mai fare. Perché ho una ex moglie, gli alimenti ed
il mutuo da pagare, le partite di pallone con gli
amici, la colite, la prostatite e la diverticolite.
Ma soprattutto ho una figlia, Flaminia, di sette
anni che mi adora. L’intelligenza più viva ed il
sorriso più tenero che il mondo abbia conosciuto. Un
balsamo corroborante. La mia preziosa e viscerale
ragione di vita.
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